Cammino Sinodale: propaganda per le lobbies e tanto fumo agli occhi. I veri problemi restano irrisolti

Dal 2021 sta andando in scena il Cammino Sinodale della Chiesa cattolica, anche se per molti i frutti non sembrano ancora essere quelli ben sperati. Al contrario, una parte considerevole dei fedeli comincia a pensare che ci sia stia incamminando in un sentiero particolarmente oscuro.

Un sentiero deciso in tutte altre stanze che quelle in cui si trova a confrontare il popolo di Dio, all’interno delle tante parrocchie italiane, e in cui al “fumo negli occhi” si finiscano per sommare gli interessi di tante lobbies che poco hanno a che fare con il messaggio di Cristo e con la missione della Chiesa nel mondo.

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Il Papa benedice il popolo cristiano – lapaginacristiana.it

Che la Chiesa oggi stia vivendo un periodo di profonda crisi, è fuori di dubbio e su questo difficilmente si può dissentire. Lo dicono i numeri, almeno per quanto riguarda la condizione occidentale, visto che in altri continenti, come ad esempio quello africano, la situazione è ben diversa e registra un incremento di vocazioni e di battesimi che fa molta invidia all’Europa “stanca” e “vecchia” come la definì Papa Francesco in un suo magistrale intervento, ricevendo il Premio Carlo Magno nel maggio 2016 a Strasburgo.

Tuttavia, nel momento in cui si tenta di focalizzare quali siano i problemi che affannano i cattolici, intesi sia come popolo di fedeli che come membri di un’istituzione, la Chiesa, che San Paolo descrive nientemeno che come il corpo mistico di Cristo stesso, allora le contraddizioni emergono in maniera purtroppo triste e lacerante.

La discussione sterile che rischia di emergere dal Sinodo della Chiesa

Se infatti per gran parte dei fedeli i veri problemi sono situati nel calo di fede, nella scarsità di vocazioni, nella mancanza di una trasmissione intergenerazionale dell’appartenenza alla Chiesa, e di una spiritualità cattolica sempre più annacquata e volta a inseguire e scimmiottare il mondo piuttosto che a portare l’annuncio della Parola a tutte le genti, nei documenti ecclesiastici si finisce per leggere in continuazione di questioni che poco hanno a che fare con i veri problemi della Chiesa, che restano così irrisolti.

Dai documenti e dai resoconti della prima fase del Cammino sinodale, centrata sul tema dell’ascolto, emerge un parlare continuo di accoglienza, di inclusione, di discorsi sociologici che si possono condividere o meno ma che purtroppo non finiscono per toccare il tema centrale, l’accoglienza non tanto di coloro che non sono cristiani nella Chiesa ma della Parola di Cristo nella propria vita.

Uno dei passaggi che emergono infatti dalla presentazione avvenuta in Vaticano del documento del cammino sinodale- tappa continentale afferma, ad esempio, che “particolare fonte di sofferenza sono tutte quelle situazioni in cui l’accesso all’Eucaristia e agli altri Sacramenti è ostacolato o impedito da una varietà di cause: è forte la richiesta di trovare soluzioni a queste forme di deprivazione sacramentale. Si citano ad esempio le comunità che vivono in aree molto remote, o l’uso di prevedere tariffe per l’accesso alle celebrazioni, che discrimina i più poveri. Molte sintesi danno voce anche al dolore di non poter accedere ai Sacramenti che provano i divorziati risposati e coloro che hanno contratto un matrimonio poligamico“.

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I vescovi della Chiesa – lapaginacristiana.it

Poveri, indigeni, preti sposati, donne, divorziati, gay e vittime di abusi sono al centro del testo che fa il punto sullo stato del Sinodo oggi. Molti si chiedono dove sia finito il tema della perdita di fede nel mondo occidentale un tempo cristiano. In ogni caso, si dovrà ancora lavorare a lungo fino al giugno 2023, data in cui i Vescovi tireranno le somme di questo cammino, che ad oggi risulta essere piuttosto controverso e privo di unanimità. “Non c’è unanimità su come affrontare queste situazioni”, registra infatti lo stesso documento riportando le posizioni di alcune Chiese locali. Quello che infatti si registra è che “viene negata la possibilità di ricevere la Santa Comunione ai divorziati risposati, che esprimono dolore per questa esclusione”, ma che allo stesso tempo “alcuni ritengono che la Chiesa dovrebbe essere più flessibile, mentre altri pensano che questa prassi vada mantenuta’”.

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