Crisi matrimoniali: la soluzione con il suggerimento dell’amore voluto da Dio

Matrimoni sempre più in crisi. Eppure non ci mancano i suggerimenti “dall’alto” per trovare una possibile soluzioni alle crisi matrimoniali.

Ma occorre entrare prima nella logica di Dio, per il quale amare non vuol dire arraffare a man bassa dall’altro,  bensì mettersi al suo servizio.

Crisi matrimoniali: la soluzione con il suggerimento dell'amore voluto da Dio

Al giorno d’oggi, si ripete da più parti, il matrimonio è in crisi. In Italia, è vero, si divorzia meno che nel resto d’Europa (1,1 divorzi per 1.000 abitanti). Ma è altrettanto vero che ci si sposa anche meno: 1,6 matrimoni per 1.000 abitanti nel 2020. Un dato che vede l’Italia come fanalino di coda del vecchio continente.

Che qualcosa non giri per il verso giusto lo dice, prima dell’arida contabilità dei numeri, la nostra esperienza quotidiana. Sulla “liquidazione” dell’amore ci sono biblioteche intere di analisi di ogni tipo. Avrebbe poco senso perciò aggiungerne un’altra, per giunta di poche righe.

Dove c’è amore c’è casa

Meglio allora partire da qualche immagine: l’amore ci riporta istintivamente all’idea di casa. Ci si può amare anche in una tenda, è vero: ma è l’eccezione più che la regola. L’amore vero, in carne e ossa, è meno romantico e più concreto. Amare una persona ci spinge a voler “fare casa” con lei.

Una casa però va costruita, va progettata (progetto da pro-jectus, letteralmente un gettare in avanti). E per dirla con Gaber, coi brividini del cuore al massimo si producono dilemmi, non certo progetti.

Non fraintendiamoci: passioni e emozioni sono necessarie. Servono a dare forza e vigore all’amore. In breve, servono a incarnarlo, a dargli corpo. In caso contrario l’amore resterebbe un sentimento vaporoso. O peggio ancora un’astrazione, al più uno slogan buono per tutte le stagioni (come accade oggi).

 

Crisi matrimoniale: la passione? Non basta

Ma le passioni assolvono una funzione bene precisa: sono i contrafforti della casa dell’amore, non le fondamenta. Sono sostegni, non basamenti; puntellano, rafforzano, ma non fondano. O meglio: la passione può essere la prima scintilla che accende il fuoco, senza però poterlo alimentare. Perché, come ha scritto il grande Gustave Thibon, «l’amore non è una scintilla effimera, nata dall’incontro di due desideri, è una fiamma eterna sprigionata dalla fusione di due destini»

Chiunque abbia acceso un fuoco sa benissimo che la scintilla alimenta ben poco senza la legna. E più il fuoco si propaga, più la legna dev’essere sostanziosa. Altrimenti non si crea la brace, che a sua volta richiede soprattutto tempo. Per avere la brace occorre pazienza: almeno un’ora. Il problema è che solo la brace ardente irradia quel calore costante indispensabile per riscaldare la casa o cuocere la carne.

Per fondere due destini nel crogiolo dell’amore ci vuole la brace. Per passare dall’effimero (che significa “della durata di un giorno”) all’eterno ci vuole appunto il fuoco di una fiamma eterna. A questo ci invita San Paolo nel famoso passo della Lettera gli Efesini (5,21-33) dove esorta gli sposi a essere «sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo». L’Apostolo lo dice chiaramente: l’amore umano è una copia dell’amore divino.

La logica del bicchiere vuoto

Questo spiega perché, come dice il mio amico Roberto Marchesini, in amore valga la logica del bicchiere vuoto. Il consumismo imperante ci ha abituati ad avere il bicchiere sempre pieno. Per la mentalità corrente accumulare più cose possibili (denaro, cibo, sesso, successi, gadget, prodotti, ecc.) è la chiave del successo.

In amore però vale la logica esattamente opposta: quella del dono. Se ho un bicchiere pieno, la sola cosa che devo fare è offrire da bere alla persona che amo. Cristo non dice forse che «vi è più gioia nel dare che nel ricevere»? (At 20, 35).

Ama chi si “connette” con Dio

Per uscire dall’immagine del bicchiere e tornare a quella del fuoco, soltanto chi si alimenta della fiamma eterna dell’amore di Dio allora può scaldare a sua volta la persona amata. Ecco perché diventa vitale, come ha ricordato di recente anche papa Francesco, restare in “connessione” con Dio.

Attraverso la preghiera, in primo luogo. La Madonna a Medjugorje ripete spesso di pregare in famiglia. In particolare recitando il Rosario, la dolce corda che ci unisce al cielo e tiene unite le famiglie.

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