Domenica ad Istanbul è esplosa una bomba nel centro della città: sei le vittime e tantissimi feriti, due rischiano di non farcela. Il colpevole è una donna.
La polizia di Istanbul, insieme al ministro dell’Interno Soumeylan Soylu all’agenzia ufficiale di Anadolu, ha comunicato di aver arrestato la colpevole, di nazionalità siriana.

Secondo il ministro Soumeylan il vertice responsabile dell’attentato sarebbe il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK): “Secondo i risultati delle nostre indagini, l’organizzazione terroristica del PKK ne è responsabile”.
Il prefetto della città di Istanbul Ali Yerlikaya ha confermato che tutte e sei le vittime dell’esplosione erano di nazionalità turca ed ha espresso la sua vicinanza alle famiglie delle vittime. Altri 81 sono i feriti, 31 dei quali si trovano ancora in ospedale, due sono in gravi condizioni.
Il Governo di Erdogan è stato molto chiaro: il dito è puntato non solo contro l’armata siriana sospettata come colpevole, ma anche alle nazioni che negli scorsi anni l’anno sostenuta (prima tra tutti gli Stati Uniti). L’attacco sarebbe una “conseguenze dirette o indirette del sostegno di alcuni Paesi”.
“Se questi Paesi vogliono l’amicizia della Turchia, devono immediatamente fermare il loro sostegno diretto e indiretto al terrorismo”, ha concluso Fahrettin Altun, direttore delle comunicazioni del presidente Recep Tayyip Erdogan.
Panico in centro a Istanbul: non accadeva dal 2016
Le immagini dell’esposione sono state diffuse anche sui social: in pieno giorno è stata avvistata la grossa fiammata in piazza Taksim. È stato accertato che la colpevole è rimasta per 40 minuti seduta su una panchina della piazza, poi si è alzata e alle 16:20 ha appoggiato per terra una valigetta carica di esplosivi.

Era dal 2016 che la Turchia non subiva un attacco terroristico; l’ultimo fu rivendicato dall’Isis, una sparatoria in un locale sul Bosforo che uccise 38 persone. Le testimonianze sono agghiaccianti: “Passeggiavo in centro con mia moglie e poi è scoppiato l’inferno“, ha raccontato un uomo di 70 anni.
“Ero a 50 metri di distanza e ho sentito un rumore fortissimo, assordante, poi ricordo molta confusione, suoni di sirene delle macchine della polizia, ho visto tre o quattro corpi a terra mentre si alzava un fumo nero”, ha aggiunto Ekrem, un giovane studente.
“Dopo il botto ho sentito grida e ho visto che le persone davanti a me correvano in tutte le direzioni, nella calca ho perso i miei amici e ho cominciato a correre anch’io senza una meta precisa”.
Non importa quanto distanti possano essere o quale religione professino, rimaniamo sempre vicini alle persone che soffrono in tutto il mondo; nessuno dovrebbe vivere questi attimi di terrore e violenza ed è un grande dolore sapere che ancora oggi ci sono persone che perdono la vita a causa di questi atti di violenza ingiustificati.