Fedez e lo scontro con il don: quando la falsità non paga

Fedez ha lanciato una sfida a don Alberto Ravagnani a colpi di “dissing”, le gara di insulti e offese tra rapper.

Ma il giovane prete non è caduto nella provocazione e ha risposto, semplicemente, da cristiano.

Fedez e lo scontro con il don: quando la falsità non paga

Cosa avrà avuto Fedez da prendersela così tanto con don Alberto Ravagnani? In molti ancora si chiedono il perché della furia del rapper di Rozzano, che durante la centesima puntata di Muschio Selvaggio – il podcast di Fedez e Luis Sal – ha iniziato a inveire contro il sacerdote (assente) insieme ai suoi ospiti (presenti, presentissmi).

Mentre stava parlando col content creatore IlMasseo – al secolo Edoardo Magro – Fedez non ha trovato altro di meglio da fare che riempire di contumelie il povero don Ravagnani, giovane sacerdote molto attivo sui social (Tik Tok, Instagram, YouTube). Due anni fa era stato anche lui ospite a Muschio Selvaggio, proprio insieme a IlMasseo, dove si erano confrontati su vari temi: bestemmie, religione e tanto altro.

Giù con gli insulti al don

Fedez e lo scontro con il don: quando la falsità non paga

“La puntata più vista in assoluto è quella con te Masseo” ricorda Luis Sal. A quel punto interviene Fedez che aggiunge: “con te e con quel pezzo di m…. di don Alberto”. Qualche grassa risata e poi IlMasseo, evidentemente galvanizzato dalla “prodezza” del rapper, provvede a rincarare la dose: “È un ignorante bastardo che continua a parlare delle stesse cose nel 2022, non cambia mentalità. Una persona subdola, manipolatrice, finirai all’inferno”.

Che dire? Chapeau! “Bippa tutto ma lascialo”, dice Fedez alla regia, con la strafottenza tipica di chi si sente invincibile. Altre sghignazzate sono la “degna” conclusione dello squallido siparietto.

Le critiche degli utenti dei social

Tantissimi utenti si sono scagliati contro la caduta di stile di Fedez, sottolineando nei commenti sotto il video anche la “leggera” incoerenza tra la litania di insulti riservata a don Ravagnani e l’immagine di paladino dei diritti civili che Fedez ama esibire sui social.

“Grande Fedez – lo bacchetta un utente sotto il video con gli insulti al sacerdote – Paladino dei diritti civili, grande combattente di odio verso il diverso, per poi odiare le persone che hanno un pensiero diverso dal suo“. “Gli insulti a don Alberto sono veramente di una bassezza avvilente – gli fa eco un altro commentatore –. Che tristezza e squallore. Aspettiamo il prossimo appello contro il bullismo di questi vip!”. “È squallido il fatto che abbiate insultato Don Alberto – rilancia un ragazzo su Instagram – quando più volte lo avete invitato a dei confronti diretti. È necessario rispetto, cosa che Don Alberto ha sempre dimostrato nei vostri confronti, a contrario vostro”.

Come rispondere cristianamente al dissing

Fedez e lo scontro con il don: quando la falsità non paga

Alla caduta di stile di Fedez – che ha palesato in sé un devoto del Capitano Lynch pronto a degradare la parola a strumento di umiliazione del prossimo – ha fatto da contraltare la lezione di stile offerta da don Ravagnani. Al quale certamente le parole cattive di Fedez non avranno fatto piacere.

Tecnicamente quello di Fedez si chiama dissing, il termine che indica la pratica, popolare tra i rapper, di sfidarsi a colpi di canzoni offensive e di insulti. Una forma di spavalda provocazione che svilisce anche la parola umana, abbassata a strumento di disprezzo.

Don Alberto però è un cristiano, discepolo del Divino Maestro che ha predicato l’amore per il nemico. Il sacerdote, per statuto direi, non può ricambiare il male col male. Può vincerlo solo col bene. Come ha fatto don Alberto pubblicando il suo video di risposta. Ma non per polemizzare con Fedez – pur ammettendo di essere rimasto deluso e ferito dal suo atteggiamento – bensì per mettere in guardia dal bullismo virtuale.

“Nel 2022 è davvero tempo di finirla con il bullismo a volte le parole fanno più male delle botte, e se ridi dopo che hai insultato una persona non è che risolvi”, dice don Alberto nel video. Allo stesso modo, aggiunge, “escludere una persona e poi parlare male di lei in sua assenza è un atteggiamento un filo infantile”. Motivo per cui, conclude il giovane presbitero (classe 1993), “se fai il paladino dei diritti civili non puoi, per esempio, insultare uno che nemmeno ti può rispondere”.

La violenza degli “inclusivi”

Don Alberto così ha nobilitato una vicenda squalliduccia. Che un pregio però ce l’ha: aver mostrato il lato violento del cosiddetto “pensiero inclusivo”. Qualche tempo la filosofa francese Chantal Delsol ci ha spiegato che gli “inclusivi” postmoderni non propongono valori superiore al proprio “io”. L'”inclusivo” assomiglia spaventosamente a  quello che lo spagnolo Orega y Gasset ha definito il “signorino soddisfatto”: l’eterno adolescente convinto che tutto gli sia dovuto e di non dover nulla agli altri. Non sente bisogno di convertirsi a nulla, di educarsi a nulla. Vive in una sorta di bolla sconnessa dalla realtà dove crede che i suoi desideri siano la misura di tutte le cose. E diventa subito violento quando qualcuno gli ricorda che i desideri individuali non sono onnipotenti, che c’è un limite.

Ecco allora, sottolinea Chantal Delsol, che “il cosiddetto pensiero inclusivo ha urgente bisogno di vilipendere, di condannare e soggiogare. Si è troppo allontanato dalla realtà per potersi applicare con naturalezza e ogni sforzo per realizzarsi lo condanna all’abuso e all’intolleranza”. Ecco perché, conclude Delsol, “l’inclusione è incessantemente destinata a escludere” quelli che l’”inclusivo” ha relegato, a suo insindacabile giudizio, nel girone dei “non inclusivi”.

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